TENUTA ACCETTA CACCIA RISERVATA
ACCETTA CACCIA RISERVATA
Il profilo della Tenuta, così come riportato all’antico splendore nel terzo millennio, è quello del XIX secolo. Lo sfruttamento sempre più pressante delle terre portò, in quegli anni, ad un forsennato disboscamento che non risparmiò Masseria Accetta. Nel 1877 arrivò una legge che finalmente cercava di mettere un limite a tutto ciò. Ma gli allora proprietari Cordiglia stavano già proseguendo nella direzione opposta. Anche gli angoli più impervi, come quelli che sarebbero diventati parte della tenuta di Accetta Caccia Riservata, e i non facili pendii di questa zona erano stati spietrati e terrazzati.
La sua salvezza arriva quando, nel corso dello stesso tormentato secolo, la caccia si trasforma da bene comune in privilegio per un ristretto numero di eletti. La zona dedicata allo sport dei pochi ricchi viene delimitata con una superficie di 150 tomoli circondati da possenti mura. Qui dove i terreni vennero esclusi dal pascolo la vegetazione ha potuto svilupparsi ed assurgere al vigore di bosco di alto fusto. Più in alto ecco la parte olivetata, sui terrazzamenti, e più in basso il bosco ancora oggi fittissimo. Lo scrigno in cui tutto cìò era racchiuso sono sette km di alto muro di cinta che, per l’epoca, rappresentarono un’opera notevolissima e che nessuno prima aveva mai osato costruire nelle campagne del tarantino.
Nel frattempo, sempre nel 1800, con il proliferare di innovativi progetti di viabilità destinati a collegare i grossi centri abitati in maniera più agevole e diretta ecco che l’importante asse viario che riguardava anche Accetta Caccia Riservata comincia a conoscere la via del declino. Quell’imponente viale alberato con gli alti muri antilupo sono fra i tesori che la passione della Biorima ha saputo far riemergere diradando, nel rigoroso rispetto della storia, dove la natura aveva preso il sopravvento. E’ tornata così, in parte, visibile la rete stradale di servizio di Accetta Caccia Riservata che poggia su questo viale alberato di straordinaria bellezza che occupava una parte della via pubblica che portava da Masseria Accetta fino alla strada di Masseria Monte. Portali monumentali, anch'essi ripristinati di recente dalla Biorima, davano accesso a vari tratturi all’interno di Accetta Caccia Riservata. In uno spiazzo disseminato di orchidee selvatiche sorge il piccolo Casino di Caccia, un monolocale con il camino per il ristoro, edificato proprio nel punto più in alto così da dominare la Tenuta con lo sguardo.
Restano ancora visibili all’interno di Accetta Caccia Riservata alcuni tratti dall’antica strada delle Noci anche se uno degli aspetti più interessanti del recupero avviato negli anni ’90 dalla Biorima riguarda l'Antilupo. Sono quei conci volutamente non fissati che oggi, come due secoli fa, traballano in cima alle alte mura per respingere – cadendo addosso a chi cerca di superarli – gli attacchi di lupi golosi della selvaggina di Accetta Caccia Riservata.
Da notare che con la stessa cura e attenzione Biorima ha restaurato la cisterna e gli abbeveratoi in cima alla radura.
L’assetto territoriale di Accetta Caccia Riservata venne meglio delineato con un accordo del 1869 che la suddivideva, attraverso il grande viale, in due parti. Quella più estesa, di 120 tomoli e che mantenne tale nome, e quella di soli 30 tomoli divenuta il bosco di San Nicola.
La proprietà della Biorima, che ha acquistato Accetta Caccia Riservata nel 2000, è di ettari 76 di cui 15 di vigneti.
LE ORIGINI
Nobile per nascita, oasi di relax per il facoltoso borghese che riusciva ad accaparrarsene l'uso, la Tenuta Accetta Caccia Riservata ha vissuto per secoli all’ombra della vicina Masseria Accetta Grande. Sono agli albori del nuovo millennio, interrompendo una lunghissima parentesi di oblio e di degrado, Accetta Caccia Riservata ha cominciato a risplendere di luce propria.
La rinascita coincide – nel 2002 – con l’acquisto da parte di due famiglie di imprenditori di origine non pugliese ma legatissime a questa terra. I Varetti e Berneri hanno impiantato questi 15 ettari di vigneti in 76 ettari di verde, circondati da un muro imponente, ma che era in più punti sbrecciato. Laddove correvano i cervi e le volpi, c’erano oramai solo terreni incolti, punteggiati da boschi e da lame, grotte e antichissime tombe, offesi da abbandono e rifiuti. La società Biorima ha saputo vedere aldilà di ciò che gli occhi mostravano loro, è scesa in campo ed ha investito risorse ed energie per far tornare Accetta Caccia Riservata al suo antico splendore. Anni di lavoro instancabile ci riconsegnano questo luogo pieno di storia, adagiato nel Comune di Statte ma in bilico fra la civiltà Magno Greca e quella delle Grotte, nel pieno del suo fascino e con una gemma in più: i rigogliosi vigneti. Terra fertile e vergine, mai sfruttata, pronta a dare i suoi frutti migliori e che non è stata strappata al verde ombroso da moderni disboscamenti. Le ampie radure ripulite dalle offese dell’uomo sembravano ferite a cielo aperto rispetto alle colline di Accetta Caccia Riservata dove pineta e bosco – a dispetto di tutto e tutti – brillavano di un verde adamantino.
Senza forzature, assecondando la vocazione del territorio, Ignazio Varetti e Antonio Berneri hanno cominciato ad impreziosire Accetta Caccia Riservata. Dal loro intuito ecco il fiorire degli aranceti e dei frutteti, il prosperare di vigne giovani e possenti che stanno producendo un vino delizioso. E questa che era la scommessa più grande si è rivelata un’intuizione felicissima: ogni calice di Antilupo, primogenito delle etichette di Accetta Caccia Riservata, racchiude quella natura incontaminata che circonda i vigneti.
DOVE SIAMO
Una manciata di chilometri separano Accetta Caccia Riservata da Taranto, capitale della Magna Grecia, e da Massafra e Statte che sono parte integrante del comprensorio delle gravine.
Le vicende di questo polmone di verde dedicato alla caccia, recintato da possenti mura, sono parallele a quelle della vicina Masseria Accetta nata nel periodo feudale in una zona dove l’uomo si era insediato da millenni, e che visse un periodo di fioritura nel ‘700 per poi passare di mano in mano a disposizione del facoltoso borghese di turno.
Ma facciamo un passo indietro di milioni di anni e, proprio all’ingresso di Accetta Caccia Riservata ecco la grotticella che appartiene ai monumenti funerari dell’Età del Bronzo.
Qui siamo nella chora (ovvero nel territorio) della colonia magno greca di Taranto all’incirca verso l’anno 700 a.C. dove già c’era l’insediamento dell’Amastuola e di cui – fra l’altro – oggi è ben visibile nei pressi della Tenuta Accetta Caccia Riservata la grande necropoli. E sepolture di vario genere non mancano dove, un tempo, ci si dilettava con il fucile. Poco sappiamo, perché non sono stati compiuti studi archeologici specifici, della vita nelle grotte delle lame di Accetta Caccia Riservata. Qui senz’altro, nei secoli più recenti, trovarono rifugio i tanti temuti briganti che fra boschi, rovi e pertugi trovavano rifugio dopo aver assalito i viaggiatori sulle vicine vie di comunicazione.
Per ipotizzare un significato del toponimo Accetta dobbiamo fare un balzo in avanti fino all’incirca all’anno 200 a.C. quando inizia la destrutturazione del mondo agrario ad impronta mango greca determinata dall’avvento dei romani. Ai popoli vinti venivano tolte le terre che venivano destinate ai cittadini romani attraverso varie modalità. Una di essere era la deduzione di una colonia. Come avveniva? I comitia romani emanavano una specifica legge ed una commissione, nel luogo prescelto, impostava l’orientamento della centuriazione secondo due assi principali. Dopo vari rituali, anche propiziatori, si arrivava all’assegnazione che avveniva con il sorteggio dei lotti fra i coloni: da qui la dicitura di sortes oppure acceptae e, quindi probabilmente, il toponimo della zona di Accetta.
Il sistema di grotte e di tombe, anche riutilizzate, all’interno di Accetta Caccia Riservata sono riconducibili ad un insediamento medievale la cui conoscenza potrà essere sviluppata solo ora, in virtù dell’attenzione alla storia che la Biorima sta mostrando, partendo da una accurata manutenzione degli accessi alle lame ed alle grotte altrimenti ricoperti da una vegetazione impenetrabile.
Nella lotta continua fra progresso e boschi che spariscono, fra coltivazioni di cereali e olivi e macchia mediterranea che si assottiglia, la vita pulsante di quella che diventerà un’ampia riserva per la caccia prosegue nei secoli, abitata da pastori e poi da briganti.
A SPASSO NELLA NATURA
La corolla verde che spicca in cima alla Tenuta Accetta Caccia Riservata è di prezioso pino di Aleppo, che dai fianchi aridi e soleggiati di lame e gravinelle si è arrampicato fino alle radure.
Domina incontrastata la macchia mediterranea che qui si esprime in piena libertà, da secoli non condizionata dall’intervento dell’uomo. Grossi cespugli di corbezzoli, di rosmarino, di ginepro e alberi di carrubo oramai quasi estinto caratterizzano in maniera inequivocabile i profumi che pervadono chi passeggia in Accetta Caccia Riservata. Messaggere instancabili di queste emozioni olfattive sono le api operose. Da fiore in fiore attraverso l’impollinazione hanno portato questo patrimonio di mediterraneità sulle uve dei vigneti. Alla maestria dell'uomo, è stato affidato l'arduo compito di conservarne le essenze attraverso una sapiente vinificazione.
Potremmo soffermarci a lungo su quel giacimento di biodiversità che Tenuta Accetta Caccia Riservata custodisce. In attesa, però, di un apposito studio affidato a professionisti possiamo limitarci ad un paio di piante caratteristiche della macchia mediterranea e che – in maniera evidentissima – ci ritroviamo nel calice quando degustiamo l’Antilupo. Il carrubo va scomparendo, ma qui abbonda, e cresce bene dove gli agrumi prosperano come avviene negli ampi e rigogliosi giardini di Tenuta Accetta Caccia Riservata. La farina di carrubo è un sostitutivo dell’aroma del cioccolato e proprio i suoi sentori sono quelli che, per la predominante percentuale di uve di Primitivo, ritroviamo nel pregevole vino Antilupo. Nel paradiso naturale preservato dalla Biorima possiamo soffermarci su quella esplosione di colore scarlatto e di sapori che sono i corbezzoli. Per il loro gusto caratteristico qui sono considerati come “la cioccolata dei poveri”: anch’essa amabilmente presente in Antilupo.